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Haroba Kosht - Turkmenistan
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Diversi anni fa Gabriele Rossi Osmida è stato contattato dalla Direzione del Parco Archeologico di Merv, il Ministero della Cultura del Turkmenistan e l’Unesco allo scopo di recuperare e salvaguardare l'insediamento medioevale di Kharoba Kosht, importante sito archeologico utile per comprovare l'ipotesi di una presenza veneta nella zona, quantomento a partire dalla conquista di Costantinopoli avvenuta nel 1204.
Fu così che il Consiglio Regionale del Veneto e il Ministero della Cultura del Turkmenistan hanno promosso una missione congiunta per il restauro di questo antico sito cristiano-nestoriano.
Il nome Kharoba Kosh significa nella lingua locale “castello distrutto” e stava rapidamente scomparendo a causa degli scavi non eseguiti accuratamente durante le 2 missioni sovietiche del 1958 e 1967.
Si trattava di una vera sfida ma Gabriele ha accolto con entusiasmo la direzione degli interventi grazie al sostegno economico offerto dalla Presidenza del Consiglio Regionale del Veneto e dalla Associazione culturale “Antiqua Agredo” di Trebaseleghe (PD).
Il principale problema era rappresentato dal materiale utilizzato nella costruzione dell'antico edificio: il mattone crudo è infatti uno dei materiali più difficilmente conservabili nel Medio e Vicino Oriente e in tutta l'Asia Centrale. Si è quindi pensato di rivolgersi ad un istituto bergamasco specializzato in diagnostica per la conservazione dei monumenti antichi, la Zeila di Zanica (BG), che conta al proprio attivo interventi d’avanguardia a Pisa, Venezia, Bergamo e in molte altre località.
Grazie all'aiuto del suo responsabile scientifico, il dott. Lucio Cimitan, e dell'esperto restauratore prof. Stefano Tracanelli al quale è stato affidato il compito degli interventi di restauro e consolidamento, è stato possibile mettere a punto un protocollo operativo opportunamente testato nella prima campagna del 2009 che si è rivelato efficace nella sua originale semplicità.
Durante la seconda campagna nel settembre 2010 è iniziato lo scavo vero e proprio del monumento partendo dal lato sud dove è stata messa in luce una struttura a gradoni datata all'epoca partica che costituiva la base d'appoggio dell'intero edificio.
La tipologia costruttiva e le analisi condotte sui reperti raccolti ci hanno permesso di datare la costruzione alla tarda epoca partica, ossia tra la fine del II e l'inizio del III secolo d.C., datazione che ci permette di proporre la costruzione di Kharoba Kosht come la più antica chiesa dell'Asia Centrale.
Agli inizi del III secolo d.C., dopo il crollo dell’impero partico, la zona passò sotto il controllo della dinastia sasanide.
I Sasanidi si sostituirono ai Parti, sotto il regno di Shapur I (Sapore I) a metà del III secolo e i Nestoriani conobbero una prima espansione, forse legata al desiderio del sovrano di controbilanciare lo strapotere della religione di stato, lo Zoroastrismo.
Così la città di Merv, tra la fine del III e inizi del IV sec., divenne sede di una cattedra vescovile cristiano-nestoriana e, dagli atti di un sinodo tenutosi verso la metà del Trecento, traspare l’esistenza di un monastero-caravanserraglio che, con ogni probabilità, è proprio il nostro Kharoba Kosht.
In un manoscritto del X secolo, si riporta inoltre che nel vicino villaggio di Zark, situato a 6 farsah (30 km) da Merv, venne assassinato l’ultimo re sasanide Yadzegard III nel 652 e che fu proprio l’abate del monastero a ricomporre i suoi resti e a offrir loro pietosa sepoltura nel proprio monastero o nelle immediate vicinanze. Quest’ultima indicazione è molto affascianante se si pensa a cosa potrebbe serbare la cripta inesplorata del monastero di Haroba Kosht.
Dopo l’anno mille la dinastia turcomanna dei Selgiuchidi si impadronì pacificamente di Merv e, da qui, si mosse verso la Persia e l’Anatolia per fondare un vasto impero. Fu appunto con i Selgiuchidi che i Veneziani strinsero rapporti commerciali privilegiati fin dalla fine del XII secolo e che, grazie ad un trattato stipulato da Jacopo Tiepolo nel 1220, la Serenissima si assicurò il controllo esclusivo delle merci preziose importate dall'Afghanistan e dal Pakistan: oro, argento, gemme, tappeti.
I rapporti tra i Veneziani e i mercanti nestoriani dell’Asia Centrale erano quindi già attivi prima dell’avventura dei Polo.
Così lo scavo e il restauro del caravanserraglio di Kharoba Kosht rappresenta oggi per gli eredi della Serenissima una specie di ritorno a casa.